Sentenza della Cassazione e anno 2013: nessun impatto sulla posizione previdenziale. Ecco perché...

Negli ultimi mesi, diverse interpretazioni – spesso alimentate da comunicazioni sindacali fuorvianti – hanno generato confusione tra i lavoratori della scuola riguardo all’annualità 2013. È quindi fondamentale chiarire, alla luce della sentenza n. 1726/2025 della Corte di Cassazione e delle pronunce precedenti della Corte Costituzionale, che l’anno 2013 è pienamente valido ai fini previdenziali, anche se non ha valore economico per l’avanzamento di fascia stipendiale.

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La sentenza ha sancito in modo netto e definitivo che il blocco previsto dal D.L. 78/2010 e prorogato dal D.P.R. 122/2013 ha riguardato esclusivamente la parte economica della progressione stipendiale, ma non ha mai compromesso gli effetti giuridici del servizio prestato nel 2013.

La Corte Costituzionale, nelle sue precedenti pronunce (tra cui la n. 310/2013), aveva già chiarito che le misure di contenimento della spesa pubblica, pur legittime e temporanee, non potevano annullare i diritti giuridici dei lavoratori, tra cui il riconoscimento dell’anzianità ai fini di carriera e di mobilità.

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Non te ne pentirai...

La Corte di Cassazione ha così ribadito che l’annualità 2013 deve essere considerata a tutti gli effetti per la maturazione dell’anzianità di servizio, seppur senza produrre effetti economici (come scatti stipendiali), a meno di futuri recuperi da parte della contrattazione collettiva.

La conseguenza diretta e più importante sul piano previdenziale è questa: il servizio prestato nel 2013 è stato regolarmente coperto da contribuzione effettiva, e pertanto incluso nel computo dell’anzianità contributiva utile per la pensione.

È quindi scorretto – e pericoloso – diffondere l’idea che l’anno 2013 debba essere “recuperato” con ricorsi legali, poiché l’INPS ha sempre riconosciuto quell’anno nei conteggi pensionistici.

  • Prova concreta di validità previdenziale: tantissimi lavoratori sono andati in pensione anticipata ordinaria includendo l’anno 2013 nel computo dei contributi.
  • Nel caso di una docente: il diritto alla pensione è stato raggiunto con 41 anni e 10 mesi, comprendendo l’annualità 2013.
  • Nel caso di un docente uomo: il requisito è stato soddisfatto con 42 anni e 10 mesi, sempre grazie al riconoscimento del 2013.

L’INPS non ha mai richiesto rettifiche o integrazioni, né ha mai escluso quell’anno dai modelli Ecocert (certificazioni contributive) o dall’Estratto Conto previdenziale.

Chiunque affermi il contrario lo fa – in modo più o meno esplicito – per giustificare una “corsa ai ricorsi” che ha portato solo ad aumentare le iscrizioni a determinati sindacati, senza alcun vantaggio concreto per i lavoratori coinvolti.

È importante sapere che nessuna delle azioni legali proposte da queste strutture sindacali può modificare l’attuale assetto normativo, né recuperare automaticamente il valore economico del 2013, che resta possibile solo tramite contrattazione collettiva futura.

La Confasi Scuola invita tutti i lavoratori a diffidare da chi strumentalizza la sentenza per scopi di proselitismo sindacale e conferma che non vi è alcuna perdita previdenziale da sanare: chi ha lavorato nel 2013, anche con contratto a tempo determinato, ha maturato pienamente il diritto previdenziale.

Resta invece escluso l’effetto economico – vale a dire l’avanzamento automatico nella fascia stipendiale – salvo futuro intervento della contrattazione collettiva nazionale.

Normativa di riferimento: Sentenza Cassazione n. 1726/2025, Corte Costituzionale n. 310/2013, D.L. 78/2010 art. 9, D.P.R. 122/2013.

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